L’anfiteatro morenico tra montagna e pianura

di Michele Motta

Dettaglio della carta del territorio collinare con evidenziate le cerchie moreniche (F.Sacco, 1921).

 

A mano a mano che le Alpi s’innalzano, per lo scontro fra le placche tettoniche europea e africana, l’erosione asporta da esse una gran quantità di materiali che si riversano nelle pianure circostanti.
Le forme di accumulo fluviale sfuggono a chi percorra la pianura, e sono riconoscibili solo in una carta altimetrica dettagliata. Gli anfiteatri morenici costruiti dai ghiacciai, al contrario, sono talmente rilevati da non essere rappresentabili in una carta di questo tipo, perché le isoipse sarebbero troppo fitte. È una singolare coincidenza che l’unico importante processo d’accumulo oggi inattivo in pianura (da una decina di migliaia d’anni) sia anche il più grandioso, come enormi sono i suoi massi erratici, a fronte dei piccoli ciottoli dei fiumi.
Nella carta, che mostra l’altimetria solo della Pianura Padana, sono visibili, oltre agli anfiteatri morenici, grandi conoidi alluvionali sovrapposte l’una all’altra, formate dai materiali dei fiumi alpini: Maira, Varaita, Chisone, Stura di Lanzo, Orco per citare i maggiori. Un “grembiule” con la medesima pendenza delle conoidi ma di materiale asportato a opera dei corsi d’acqua minori dai depositi glaciali, cinge il lato esterno degli anfiteatri morenici. Su quello valsusino sorgono Collegno, Grugliasco e Torino.
All’interno degli anfiteatri, invece, si hanno le aree più pianeggianti della pianura, punteggiate di laghi.
Il “grembiule” valsusino si è esteso sino alla Collina di Torino, un rilievo in rapido sollevamento: costringe così il Po all’altezza di Torino in un angusto corridoio rettilineo. Probabilmente subito dopo la massima glaciazione questo passaggio era ancora più ostruito, tanto che per qualche tempo il Po scorreva verso l’Adriatico passando a Sud della Collina di Torino.
L’intero assetto delle pianure piemontesi è stato a lungo assoggettato alle capricciose variazioni d’estensione dei grandi ghiacciai, a loro volta espressione del mutevole clima del Quaternario.