I picapera

di Michele Motta

Uno dei fori da mina presenti sulla Pera Grossa di Rosta

Gli erratici sono formati da roccia molto ricercata nei secoli passati come materiale da taglio. La loro vicinanza ai luoghi d’utilizzo, riducendo i costi di trasporto, li rendeva assai attraenti per i cavatori. I massi di metagabbro e prasinite “Verde Alpi” erano particolarmente apprezzati per gli intarsi verdi nei pavimenti dei palazzi nobiliari e delle regge dei Savoia, e per questo motivo furono distrutti totalmente o in parte (Masso di Montecapretto, Roc di Borgata Braida). Viceversa i massi di serpentino, utili solamente per la produzione di pietrisco, sono sopravvissuti in maggiore numero.
Uno degli ultimi cavatori artigianali entrò nella leggenda come “Il Cricca”. La sua tecnica era impeccabile: «cercava una venatura nella roccia ove praticava faticosamente una serie di profonde fenditure; quindi vi infiggeva paletti di melo cotogno, li bagnava fino ad inzupparli per farli gonfiare tutti insieme, finché, se anche la fortuna lo assisteva, il masso si spaccava di colpo con grande fragore. [...] Faceva ogni sorta di oggetti di pietra, che si possono ancora vedere nelle vecchie case».
Dal 1872 il dinamitificio di Avigliana rese disponibile un nuovo potente esplosivo e anacronistica la tecnica dei picapera. Era ormai sufficiente inserire l’esplosivo in un foro e chiuderlo con un ferro da mina per ottenere la frammentazione della roccia. Molti massi furono così distrutti, anche solo per cavarne pietrisco. Fortunatamente, la costruzione della ferrovia e il miglioramento della rete viaria resero più economiche le cave alpine: il picapera spariva così definitivamente dalla collina morenica. Il solo impiego recente dei massi è decorativo: ad esempio, i massi estratti nell’ampliamento della strada provinciale di Villarbasse abbelliscono lo svincolo stradale all’ingresso del paese.